IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza incidentale. Il p.m. ha richiesto l'emissione di decreto penale di condanna ca carico di Croce Pietro, con atto del 19 novembre 1991, per il reato di cui all'art. 15 della legge n. 963/1965, commesso il 23 novembre 1990. A tutt'oggi non e' intervenuto il chiesto decreto di condanna sicche', ai sensi dell'art. 425 del c.p.p. (declaratoria di causa estintiva) applicabile nell'ambito del procedimento di rigetto della richiesta dello stesso p.m. ai sensi dell'art. 459 terzo comma del c.p.p., dovrebbe senz'altro pronunciarsi sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129, del c.p.p. per avvenuta prescrizione del reato de quo, soggetto alla prescrizione di anni due perche' punito con sola ammenda (art. 157, n. 6 del c.p.). In tali sensi la questione esposta appresso risulta rilevante e pertinente al caso, poiche' dal suo accoglimento da parte della Corte conseguirebbe che, in luogo di sentenza di proscioglimento per avvenuta prescrizione del reato, questo giudice emetterebbe decreto penale di condanna giusta la richiesta del p.m., in quanto, per altro verso, e' pacifica in punto di fatto la responsabilita' dell'imputato. La questione di illegittimita' costituzionale viene sollevata in riferimento all'art. 160 del c.p., il quale nella nuova formulazione resa necessaria dall'entrata in vigore del Codice di rito del 1988 non contempla fra gli atti interrutivi la richiesta di emissione di decreto penale, formulata dal p.m. al g.i.p. Tale omissione, a parere del remittente, e' illogica e percio' foriera di diseguaglianze fra imputati, affidate alla casualita' di gestione dei processi da parte dello stesso p.m., con lesione del principi di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. Infatti, non puo' sfuggire che nell'elenco degli atti giudiziari che comportano l'interruzione del corso della prescrizione ve ne sono alcuni (sentenza e decreto di condanna) che esprimono senz'altro la potesta'punitrice dello Stato a livello piu' pieno; altri (convalida di fermo ed arresto) che tale potesta' punitiva esprimono a un livello piu' basso; altri ancora (fissazione di udienze di varia natura, interrogatorio di indagati) a livello ancora piu' basso poiche' il compimento di tali incombenti non prefigura una futura condanna dell'indagato/imputato. Sta di fatto che, nonostante l'eterogeneita' di tali atti ed il diverso livello di concludenza verso l'affermazione di responsabilita' che ciascuno di essi ha, tutti essi sono stati indistintamente accomunati nel novero degli atti che, comunque, esprimono una attivita' giudiziaria "sufficiente" a rendere manifesta la volonta' attuale dello Stato di perseguire il reato in discussione. Da questo catalogo e' stata omessa la richiesta di emissione di decreto penale da parte del p.m. -, con la conseguente irrilevanza a fini interruttivi di tale atto -. L'omissione assume profili di vera paradossalita', se nel contempo si pone mente al fatto che efficacia interruttiva, invece, posseggono la richiesta di rinvio a giudizio (ovvero la citazione c.d. "diretta" dello stesso p.m. nei giudizi pretorili) e la presentazione per il giudizio direttissimo da parte dello stesso p.m.: vale a dire atti non prefiguiranti necessariamente una richiesta di condanna dell'imputato, all'esito dell'istruzione dibattimentale, da parte dell'organo d'accusa. Laddove, nel vigente micro-sistema delineato dall'art. 160 del c.p., non possiede efficacia interruttiva del corso della prescrizione la richiesta non solo di giudicare l'imputato, quanto piuttosto di condannarlo. Il risultato ultimo e' che l'imputato "semplicemente" rinviato a giudizio e' onerato di un termine prescrizionale soggetto ad interruzione e percio' piu' lungo; mentre un imputato "addirittura" gravato di richiesta di condanna (la richiesta di emissione di decreto penale) e' affrancato dall'interruzione prescrizionale. Come a dire che ad atto di maggior portata punitiva corrisponde minor efficacia, nell'esprimere l'attualita' della volonta' punitrice dello Stato; e viceversa. E poiche' la scelta del giudizio ordinario ovvero del rito speciale del decreto penale compete insindacabilmente al p.m., nel decidere se chiedere in rinvio a giudizio ovvero l'emissione di decreto penale, la conseguenza ultima e' che il periodo di prescrizione dei reati punibili mediante decreto penale di condanna e piu' o meno lungo (a seconda che la sospensione operi o meno) per un fattore casuale ed imponderabile. A parere di questo remittente la norma impugnata e' sicuramente incongrua e potenzialmente lesiva del principio di pari trattamento processuale dei soggetti, a parita' di tutte le altre condizioni in punto di fatto e di diritto. L'emenda non puo' che avvenire mediante addizione al testo dell'art. 160 del c.p. dell'espressione " .. la richiesta di emissione di decreto di condanna", per riportare a logica ed equita' l'inero micro-sistema delineato dal predetto articolo di legge.